Il Familismo Amorale secondo E.C. Banfield.
Un principio di base (regola fondamentale) e 17 implicazioni.
Il "familismo amorale" è un "paradigma banfieldiano"che si può interpretare e applicare a diversi campi di indagine. Esso spunta dalla ricerca svolta in Basilicata tra il 1954 e il 1955 dal politologo Edward C. Banfield in collaborazione con sua moglie Laura Fasano.
"Mia moglie, i nostri due figli che avevano allora uno otto e l'altro dieci anni, ed io, vivemmo tra i contadini di Montegrano (il nome come tutti quelli relativi a persone e località, è fittizio) per nove mesi, nel corso del 1954 e del 1955. Con l'aiuto di uno studente italiano, mia moglie intervistò una settantina di persone, in maggioranza contadini."
Le Basi Morali di una società arretrata il Mulino, Bologna 2010 (p.40) Edward C. Banfield |
"II. 3.
Familismo Amorale"
"Il politologo sviluppa una vera e proria teoria del familismo amorale. Egli, astraendo, in seguito all'osservazione di Montegrano, una regola fondante tutto l'agire del tipico cittadino del paese lucano, enuncia il principio base del comportamento familista, argomentandolo con diciassette implicazioni:
<L'ipotesi è che i montegranesi agiscono come se seguissero questa regola generale:
"massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare; supporre che tutti gli altri si comportino allo stesso modo"
Chiameremo "familista amorale" colui che agisce in base a questa regola.>
- E.C. Banfield - "Le basi morali di una società arretrata" - Il Mulino - Bologna 2010 (p.101)
Le successive diciassette implicazioni sono come un manifesto pubblicitario. In esse viene riassunta organicamente la prassi sociale del familismo amorale. Prima di formulare questo elenco, Banfield fa un'importante precisazione circa il termine <familismo amorale>. Per lo statunitense è cruciale che non si confonda l'amoralità sociale dei montegranesi con un comportamento completamente privo di riferimenti etici, soprattutto in ambito familiare:
<Il termine è sgradevole e in un certo senso impreciso (chi segue questa regola è senza moralità solo in relazione a persone estranee alla cerchia familiare - mentre i principi del bene e del male vengono applicati nei rapporti familiari; uno che non abbia famiglia è naturalmente un "individualista amorale"), ma tuttavia ci sembra il più appropriato.>
- E.C. Banfield - "Le basi morali di una società arretrata" - Il Mulino - Bologna 2010 (p.101)
Chiarito questo, Banfield procede con le diciassette implicazioni che discendono dalla suesposta regola generale. L'autore, nel testo, argomenta ciascuna derivazione con racconti e testimonianze che, per ragioni evidenti di spazio e di opportunità, ometto di citare qui di seguito. Quello che importa tenere presente è il riferimento, punto per punto, dell'elenco alla regola generale.
<1. In una società di familisti amorali nessuno perseguirà l'interesse del gruppo o della comunità a meno che ciò non torni a suo vantaggio personale. [...]
2. In una società di familisti amorali soltanto i funzionari si occupano della cosa pubblica, perché essi soltanto vengono pagati per questo. Che un privato cittadino si interessi seriamente a un problema pubblico, è considerato anormale e perfino sconveniente. [...]
3. In una società di familisti amorali mancherà qualsiasi forma di controllo sull'attività dei pubblici ufficiali, poiché questo compito spetta solo ai superiori gerarchici dei funzionari in questione. [...]
4. In una società di familisti amorali, sarà difficile dare vita e mantenere in vita forme di organizzazione (cioè, attività organizzate in base a esplicito accordo). I fattori che inducono la gente a prestare le proprie energie in organizzazioni sono in larga misura atteggiamenti di altruismo (come per esempio, l'identificazione dell'individuo con gli scopi dell'organizzazione), e spesso non di ordine materiale (per esempio un interesse intrinseco nell'attività per dare prova delle proprie capacità.) E' inoltre essenziale per la riuscita di una organizzazione che i membri abbiano fiducia reciproca e spirito di lealtà verso l'organizzazione stessa: e inoltre, che vengano fatti piccoli e talvolta grandi sacrifici, per il bene dell'organizzazione. [...]
5. In una società di familisti amorali, coloro che ricoprono cariche pubbliche, non identificandosi con gli scopi dell'organizzazione a cui appartengono, si daranno da fare quel tanto che basti per conservare il posto che occupano o (se pensano che ciò sia possibile) per ottenere promozioni. E d'altra parte, le persone istruite ed i professionisti, di solito non saranno mossi da uno spirito di vocazione o di missione. In realtà le cariche pubbliche o le conoscenze specializzate, saranno considerate da coloro che ne dispongono come armi da usare a proprio vantaggio contro gli altri. [...]
6. In una società di familisti amorali, si agirà in violazione della legge ogni qualvolta non vi sia ragione di temere una punizione. Per questo motivo i cittadini non stipuleranno accordi la cui realizzazione dipenda da procedimenti legali a meno che non vi siano forti possibilità che la legge venga fatta rispettare, e il costo non ne sia tanto alto da rendere non conveniente l'impresa. [...]
7. Il familista amorale, quando riveste una carica pubblica, accetterà buste e favori, se riesce a farlo senza avere noie, ma in ogni caso, che egli lo faccia o no, la società di familisti amorali non ha dubbi sulla sua disonestà. [...]
8. In una società di familisti amorali i deboli sono favorevoli ad un sistema in cui l'ordine sia mantenuto con la maniera forte. [...]
9. In una società di familisti amorali il fatto che un individuo o un'istituzione dichiari di agire in nome del pubblico interesse piuttosto che per fini personali, verrà considerato una frode. [...]
10. In una società di familisti amorali manca qualsiasi connessione fra astratti principi politici (cioè l'ideologia) e il comportamento concreto nei rapporti di vita quotidiani. [...]
11. In una società di familisti amorali non ci sono né leader né buoni gregari. Nessuno prende l'iniziativa di proporre una linea d'azione e persuadere gli altri a seguirla (a meno che questo non torni a suo vantaggio personale), e d'altronde se qualcuno assumesse una posizione di leader, il gruppo non lo accetterebbe come tale, per mancanza di fiducia. [...]
12. Il familista amorale si serve del voto per ottenere il maggior vantaggio a breve scadenza. Per quanto egli possa avere idee ben chiare su quelli che sono i suoi interessi a lunga scadenza, i suoi interessi di classe, o anche l'interesse pubblico, questi fattori non influiscono sul voto, se gli interessi immediati della famiglia sono in qualche modo coinvolti. [...]
13. Il familista amorale apprezza i vantaggi che possono derivare alla comunità, solo se egli stesso e i suoi ne abbiano parte diretta. Anzi egli si opporrà a misure che possono aiutare la comunità ma non lui, perché, anche se la sua posizione, in senso assoluto, resta immutata, egli ritiene di venirsi a trovare in una situazione peggiore se i suoi vicini migliorano la propria posizione. Così può accadere che misure di riconosciuto vantaggio generale suscitino le proteste di coloro che ritengono di non riceverne alcun beneficio, o perlomeno di non riceverne in quantità sufficiente. [...]
14. In una società di familisti amorali l'elettore ha poca fiducia nelle promesse che gli vengono fatte dai partiti. Egli dà il voto in cambio di benefici già ricevuti (nell'ipotesi, naturalmente, che esista la prospettiva di riceverne altri per il futuro) piuttosto che per vantaggi promessi. [...]
15. In una società di familisti amorali esiste la diffusa convinzione che qualunque sia il gruppo al potere, esso è già corrotto e agisce nel proprio interesse. Già subito dopo le elezioni la gente è certa che i neoeletti sono occupati ad arricchirsi a loro spese, e non hanno alcuna intenzione di mantenere le promesse che hanno fatto. Di conseguenza l'atteggiamento dell'elettorato è quello di chi ripaga per mezzo del voto non favori ma ingiustizie ricevute, e si serve del voto come strumento di punizione.[...]
16. Sebbene gli elettori siano disposti a vendere i voti, in una società di familisti amorali non esisterà una stabile e solida macchina politica. Questo è vero per tre motivi: a) essendo la votazione segreta, non c'è modo di controllare se chi è stato pagato per votare in un certo modo lo faccia poi effettivamente; b) un'organizzazione di questo tipo non offre sufficienti vantaggi immediati perché qualcuno impegni in essa energie e capitali; c) come abbiamo spiegato più sopra, in ogni caso è difficile dare vita e mantenere organizzazioni formali di qualsiasi tipo. [...]
17. In una società di familisti amorali, i funzionari di partito vendono i loro servizi al miglior offerente. La loro facilità a passare da una parte all'altra può spiegare gli imprevedibili sbalzi nei risultati elettorali. [...]>
- E.C. Banfield - "Le basi morali di una società arretrata" - Il Mulino - Bologna 2010 (pp.101-118; cap.V "Un' ipotesi predittiva")
Queste dettagliate implicazioni sono dedotte dalle interviste e dai dati raccolti. Buona parte di questi ci vengono resi noti nel libro. Ai nove capitoli di stesura del testo, come detto , si aggiungono, in appendice, due parti in più, non meno interessanti di tutto il resto.
<Il presente volume descrive la situazione così com'era nel 1955.>"
- E.C. Banfield - "Le basi morali di una società arretrata" - Il Mulino - Bologna 2010 (p. 41)
Anche le due appendici sono descrittive della situazione che Montegrano viveva al tempo della ricerca di Banfield e di sua moglie.
Nell' <Appendice A> sono riportate diverse tabelle, estratte da più fonti consultate durante i nove mesi di documentazione. I coniugi Banfield hanno registrato dati indicativi, sia tramite le interviste dirette sia attraverso l'accesso ai registri ed agli archivi. [...]
L'analfabetismo è stato a lungo un problema difficile da sradicare, soprattutto nel mezzogiorno. Bisogna poi considerare che esso è contemporaneamente causa e conseguenza dell' arretratezza di un popolo. Per questo Banfield, tra le possibili priorità in agenda , pone una robusta scolarizzazione, intravedendo nell' educazione e nell'istruzione delle nuove generazioni una garanzia di maggiore partecipazione responsabile alla vita pubblica. [...]
Nell' <Appendice B> sono integralmente riportate le storie raccontate da persone sottoposte a test di appercezione tematica:
<Mia moglie, i nostri due figli che avevano allora uno otto e l'altro dieci anni, ed io, vivemmo tra i contadini di Montegrano (il nome come tutti quelli relativi a persone e località, è fittizio) per nove mesi, nel corso del 1954 e del 1955. Con l'aiuto di uno studente italiano, mia moglie intervistò una settantina di persone, in maggioranza contadini. (In un primo tempo la mia conoscenza della lingua era inesistente e, più tardi solo rudimentale.) Utilizzammo inoltre i dati del censimento e altre fonti ufficiali, nonchè memoriali, autobiografie e libri di conti che alcuni contadini avevano compilato a nostra richiesta. Inoltre applicammo test di appercezione tematica. >
- E.C. Banfield - "Le basi morali di una società arretrata" - Il Mulino - Bologna 2010 (p.40)
Le risposte ai test sono facilmente comparabili. Al medesimo test furono sottoposti gli abitanti di Montegrano, alcuni cittadini di Rovigo, città veneta del nord Italia che versava in condizioni sociali, economiche e politiche molto più favorevoli rispetto a Montegrano, ed altri individui americani del Kansas.
<Nelle pagine che seguono abbiamo riportato le risposte di soggetti italiani e americani (Kansas) di fronte a un'immagine facente parte del TAT. L'immagine loro mostrata rappresentava un ragazzo intento a guardare un violino posto sul tavolo.>
- E.C. Banfield - "Le basi morali di una società arretrata" - Il Mulino - Bologna 2010 (p.187)
Come si evince dal contenuto di questa citazione il test è molto semplice e consiste nel registrare la storia che l'intervistato associa ad una raffigurazione. Dinanzi all'immagine di un ragazzo intento a guardare un violino le persone si lasciano andare a storie diverse; tuttavia si può notare come i montegranesi siano, in evidente maggioranza, propensi a raccontare storie tristi, talvolta tragiche, di figli rimasti orfani che s' imbattono in un destino quasi fatale, legato alla buona o alla mala sorte più che alla volontaria autodeterminazione. Diversamente, i rodigini (contadini di Rovigo) raccontarono storie collegate alla buona volontà e alla costanza del soggetto protagonista. Infine, i contadini del Kansas (solo cinque in realtà) non dimostrarono omogeneità nelle risposte. Quattro su cinque americani, tuttavia, associarono all'immagine la storia di un ragazzo annoiato dal dover fare qualcosa che non lo avrebbe divertito. [...]
Le risposte date al test sono molto interessanti. Attraverso di esse, Banfield individua alcune caratteristiche peculiari che potevano sfuggire alle normali interviste. Su tutte le caratteristiche osservate spunta la paura della morte improvvisa, l'insicurezza circa la capacità di riuscire nonostante l'impegno a raggiungere i propri obiettivi, ma anche il fatalismo che vincola il successo nella vita a fattori completamente estranei dal proprio controllo e dalla propria volontà. Questi elementi tipici risaltano dal confronto tra le risposte date dai montegranesi, quelle date dai rodigini e dai contadini americani del Kansas.
(tratto da "La persistenza di una società arretrata. Analisi e attualità dell'opera di E. C. Banfield"
Tesi di Laurea di Pierfrancesco Sozzo)
<L'ipotesi è che i montegranesi agiscono come se seguissero questa regola generale:
"massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare; supporre che tutti gli altri si comportino allo stesso modo"
Chiameremo "familista amorale" colui che agisce in base a questa regola.>
- E.C. Banfield - "Le basi morali di una società arretrata" - Il Mulino - Bologna 2010 (p.101)
Le successive diciassette implicazioni sono come un manifesto pubblicitario. In esse viene riassunta organicamente la prassi sociale del familismo amorale. Prima di formulare questo elenco, Banfield fa un'importante precisazione circa il termine <familismo amorale>. Per lo statunitense è cruciale che non si confonda l'amoralità sociale dei montegranesi con un comportamento completamente privo di riferimenti etici, soprattutto in ambito familiare:
<Il termine è sgradevole e in un certo senso impreciso (chi segue questa regola è senza moralità solo in relazione a persone estranee alla cerchia familiare - mentre i principi del bene e del male vengono applicati nei rapporti familiari; uno che non abbia famiglia è naturalmente un "individualista amorale"), ma tuttavia ci sembra il più appropriato.>
- E.C. Banfield - "Le basi morali di una società arretrata" - Il Mulino - Bologna 2010 (p.101)
Chiarito questo, Banfield procede con le diciassette implicazioni che discendono dalla suesposta regola generale. L'autore, nel testo, argomenta ciascuna derivazione con racconti e testimonianze che, per ragioni evidenti di spazio e di opportunità, ometto di citare qui di seguito. Quello che importa tenere presente è il riferimento, punto per punto, dell'elenco alla regola generale.
<1. In una società di familisti amorali nessuno perseguirà l'interesse del gruppo o della comunità a meno che ciò non torni a suo vantaggio personale. [...]
2. In una società di familisti amorali soltanto i funzionari si occupano della cosa pubblica, perché essi soltanto vengono pagati per questo. Che un privato cittadino si interessi seriamente a un problema pubblico, è considerato anormale e perfino sconveniente. [...]
3. In una società di familisti amorali mancherà qualsiasi forma di controllo sull'attività dei pubblici ufficiali, poiché questo compito spetta solo ai superiori gerarchici dei funzionari in questione. [...]
4. In una società di familisti amorali, sarà difficile dare vita e mantenere in vita forme di organizzazione (cioè, attività organizzate in base a esplicito accordo). I fattori che inducono la gente a prestare le proprie energie in organizzazioni sono in larga misura atteggiamenti di altruismo (come per esempio, l'identificazione dell'individuo con gli scopi dell'organizzazione), e spesso non di ordine materiale (per esempio un interesse intrinseco nell'attività per dare prova delle proprie capacità.) E' inoltre essenziale per la riuscita di una organizzazione che i membri abbiano fiducia reciproca e spirito di lealtà verso l'organizzazione stessa: e inoltre, che vengano fatti piccoli e talvolta grandi sacrifici, per il bene dell'organizzazione. [...]
5. In una società di familisti amorali, coloro che ricoprono cariche pubbliche, non identificandosi con gli scopi dell'organizzazione a cui appartengono, si daranno da fare quel tanto che basti per conservare il posto che occupano o (se pensano che ciò sia possibile) per ottenere promozioni. E d'altra parte, le persone istruite ed i professionisti, di solito non saranno mossi da uno spirito di vocazione o di missione. In realtà le cariche pubbliche o le conoscenze specializzate, saranno considerate da coloro che ne dispongono come armi da usare a proprio vantaggio contro gli altri. [...]
6. In una società di familisti amorali, si agirà in violazione della legge ogni qualvolta non vi sia ragione di temere una punizione. Per questo motivo i cittadini non stipuleranno accordi la cui realizzazione dipenda da procedimenti legali a meno che non vi siano forti possibilità che la legge venga fatta rispettare, e il costo non ne sia tanto alto da rendere non conveniente l'impresa. [...]
7. Il familista amorale, quando riveste una carica pubblica, accetterà buste e favori, se riesce a farlo senza avere noie, ma in ogni caso, che egli lo faccia o no, la società di familisti amorali non ha dubbi sulla sua disonestà. [...]
8. In una società di familisti amorali i deboli sono favorevoli ad un sistema in cui l'ordine sia mantenuto con la maniera forte. [...]
9. In una società di familisti amorali il fatto che un individuo o un'istituzione dichiari di agire in nome del pubblico interesse piuttosto che per fini personali, verrà considerato una frode. [...]
10. In una società di familisti amorali manca qualsiasi connessione fra astratti principi politici (cioè l'ideologia) e il comportamento concreto nei rapporti di vita quotidiani. [...]
11. In una società di familisti amorali non ci sono né leader né buoni gregari. Nessuno prende l'iniziativa di proporre una linea d'azione e persuadere gli altri a seguirla (a meno che questo non torni a suo vantaggio personale), e d'altronde se qualcuno assumesse una posizione di leader, il gruppo non lo accetterebbe come tale, per mancanza di fiducia. [...]
12. Il familista amorale si serve del voto per ottenere il maggior vantaggio a breve scadenza. Per quanto egli possa avere idee ben chiare su quelli che sono i suoi interessi a lunga scadenza, i suoi interessi di classe, o anche l'interesse pubblico, questi fattori non influiscono sul voto, se gli interessi immediati della famiglia sono in qualche modo coinvolti. [...]
13. Il familista amorale apprezza i vantaggi che possono derivare alla comunità, solo se egli stesso e i suoi ne abbiano parte diretta. Anzi egli si opporrà a misure che possono aiutare la comunità ma non lui, perché, anche se la sua posizione, in senso assoluto, resta immutata, egli ritiene di venirsi a trovare in una situazione peggiore se i suoi vicini migliorano la propria posizione. Così può accadere che misure di riconosciuto vantaggio generale suscitino le proteste di coloro che ritengono di non riceverne alcun beneficio, o perlomeno di non riceverne in quantità sufficiente. [...]
14. In una società di familisti amorali l'elettore ha poca fiducia nelle promesse che gli vengono fatte dai partiti. Egli dà il voto in cambio di benefici già ricevuti (nell'ipotesi, naturalmente, che esista la prospettiva di riceverne altri per il futuro) piuttosto che per vantaggi promessi. [...]
15. In una società di familisti amorali esiste la diffusa convinzione che qualunque sia il gruppo al potere, esso è già corrotto e agisce nel proprio interesse. Già subito dopo le elezioni la gente è certa che i neoeletti sono occupati ad arricchirsi a loro spese, e non hanno alcuna intenzione di mantenere le promesse che hanno fatto. Di conseguenza l'atteggiamento dell'elettorato è quello di chi ripaga per mezzo del voto non favori ma ingiustizie ricevute, e si serve del voto come strumento di punizione.[...]
16. Sebbene gli elettori siano disposti a vendere i voti, in una società di familisti amorali non esisterà una stabile e solida macchina politica. Questo è vero per tre motivi: a) essendo la votazione segreta, non c'è modo di controllare se chi è stato pagato per votare in un certo modo lo faccia poi effettivamente; b) un'organizzazione di questo tipo non offre sufficienti vantaggi immediati perché qualcuno impegni in essa energie e capitali; c) come abbiamo spiegato più sopra, in ogni caso è difficile dare vita e mantenere organizzazioni formali di qualsiasi tipo. [...]
17. In una società di familisti amorali, i funzionari di partito vendono i loro servizi al miglior offerente. La loro facilità a passare da una parte all'altra può spiegare gli imprevedibili sbalzi nei risultati elettorali. [...]>
- E.C. Banfield - "Le basi morali di una società arretrata" - Il Mulino - Bologna 2010 (pp.101-118; cap.V "Un' ipotesi predittiva")
Queste dettagliate implicazioni sono dedotte dalle interviste e dai dati raccolti. Buona parte di questi ci vengono resi noti nel libro. Ai nove capitoli di stesura del testo, come detto , si aggiungono, in appendice, due parti in più, non meno interessanti di tutto il resto.
<Il presente volume descrive la situazione così com'era nel 1955.>"
- E.C. Banfield - "Le basi morali di una società arretrata" - Il Mulino - Bologna 2010 (p. 41)
Anche le due appendici sono descrittive della situazione che Montegrano viveva al tempo della ricerca di Banfield e di sua moglie.
Nell' <Appendice A> sono riportate diverse tabelle, estratte da più fonti consultate durante i nove mesi di documentazione. I coniugi Banfield hanno registrato dati indicativi, sia tramite le interviste dirette sia attraverso l'accesso ai registri ed agli archivi. [...]
L'analfabetismo è stato a lungo un problema difficile da sradicare, soprattutto nel mezzogiorno. Bisogna poi considerare che esso è contemporaneamente causa e conseguenza dell' arretratezza di un popolo. Per questo Banfield, tra le possibili priorità in agenda , pone una robusta scolarizzazione, intravedendo nell' educazione e nell'istruzione delle nuove generazioni una garanzia di maggiore partecipazione responsabile alla vita pubblica. [...]
Nell' <Appendice B> sono integralmente riportate le storie raccontate da persone sottoposte a test di appercezione tematica:
<Mia moglie, i nostri due figli che avevano allora uno otto e l'altro dieci anni, ed io, vivemmo tra i contadini di Montegrano (il nome come tutti quelli relativi a persone e località, è fittizio) per nove mesi, nel corso del 1954 e del 1955. Con l'aiuto di uno studente italiano, mia moglie intervistò una settantina di persone, in maggioranza contadini. (In un primo tempo la mia conoscenza della lingua era inesistente e, più tardi solo rudimentale.) Utilizzammo inoltre i dati del censimento e altre fonti ufficiali, nonchè memoriali, autobiografie e libri di conti che alcuni contadini avevano compilato a nostra richiesta. Inoltre applicammo test di appercezione tematica. >
- E.C. Banfield - "Le basi morali di una società arretrata" - Il Mulino - Bologna 2010 (p.40)
Le risposte ai test sono facilmente comparabili. Al medesimo test furono sottoposti gli abitanti di Montegrano, alcuni cittadini di Rovigo, città veneta del nord Italia che versava in condizioni sociali, economiche e politiche molto più favorevoli rispetto a Montegrano, ed altri individui americani del Kansas.
<Nelle pagine che seguono abbiamo riportato le risposte di soggetti italiani e americani (Kansas) di fronte a un'immagine facente parte del TAT. L'immagine loro mostrata rappresentava un ragazzo intento a guardare un violino posto sul tavolo.>
- E.C. Banfield - "Le basi morali di una società arretrata" - Il Mulino - Bologna 2010 (p.187)
Come si evince dal contenuto di questa citazione il test è molto semplice e consiste nel registrare la storia che l'intervistato associa ad una raffigurazione. Dinanzi all'immagine di un ragazzo intento a guardare un violino le persone si lasciano andare a storie diverse; tuttavia si può notare come i montegranesi siano, in evidente maggioranza, propensi a raccontare storie tristi, talvolta tragiche, di figli rimasti orfani che s' imbattono in un destino quasi fatale, legato alla buona o alla mala sorte più che alla volontaria autodeterminazione. Diversamente, i rodigini (contadini di Rovigo) raccontarono storie collegate alla buona volontà e alla costanza del soggetto protagonista. Infine, i contadini del Kansas (solo cinque in realtà) non dimostrarono omogeneità nelle risposte. Quattro su cinque americani, tuttavia, associarono all'immagine la storia di un ragazzo annoiato dal dover fare qualcosa che non lo avrebbe divertito. [...]
Le risposte date al test sono molto interessanti. Attraverso di esse, Banfield individua alcune caratteristiche peculiari che potevano sfuggire alle normali interviste. Su tutte le caratteristiche osservate spunta la paura della morte improvvisa, l'insicurezza circa la capacità di riuscire nonostante l'impegno a raggiungere i propri obiettivi, ma anche il fatalismo che vincola il successo nella vita a fattori completamente estranei dal proprio controllo e dalla propria volontà. Questi elementi tipici risaltano dal confronto tra le risposte date dai montegranesi, quelle date dai rodigini e dai contadini americani del Kansas.
(tratto da "La persistenza di una società arretrata. Analisi e attualità dell'opera di E. C. Banfield"
Tesi di Laurea di Pierfrancesco Sozzo)